Vockenhuber Belonging
Ho sempre molte aspettative quando ogni anno mi reco all’Abbazia di San Giorgio Maggiore, isola di S. Giorgio Maggiore a Venezia. So bene quante emozioni mi hanno sempre regalato le installazioni collocate sotto questa grande cupola palladiana che sembra proteggerle in un grande abbraccio e insieme valorizzarle.
Spesso ci arrivo volutamente ignara di cosa mi attende proprio per non contaminare la sorpresa e lasciare scorrere l’emozione in piena libertà senza condizionamenti.
Questa volta però è stata più che sbalorditiva!
Sono rimasta impietrita davanti ad un’opera così profonda nel significato, eccellente nell’esecuzione e con un impatto visivo così coinvolgente, qui siamo andati ben oltre ogni attesa.
Mi sono lentamente avvicinata senza riuscire a dire una parola perché mi ha lasciato letteralmente senza fiato.
L’artista austriaca Helga Vockenhuber , con il supporto del figlio l’arch. Agidius Vockenhuber,ha realizzato un’opera che è un mix perfetto di creatività, di profondità di pensiero, di capacità tecnica e di tenacia nell’esecuzione.
Queste caratteristiche fanno sì che il messaggio contenuto in questo lavoro non trovi molte difficolta a raggiungere l’anima di migliaia di persone che, con grande curiosità, si apprestano ad esaminarla.
Certamente la lettura dello scritto esplicativo posto all’ingresso della Chiesa aiuta molto ad entrare meglio nel significato dell’opera e nello spirito dell’artista.
Questa imponente corona di spine frantumata in sette enormi pezzi che si specchiano su una superficie riflettente (che sembra specchio) come sospesi sopra un abisso trasmettono una grande sofferenza che non riguarda solo Cristo ma l’intera umanità che si specchia su questo velo d’acqua completamente nero.
Gli intrecci, le decise torsioni ed i riflessi dei sette blocchi sembrano gridare sofferenza e invitare a “riflettere” anche lo spettatore.
Mi dilungherei ben oltre, ma non voglio tediare il lettore che, se interessato, può comunque approfondire la sua conoscenza navigando sui siti:
Infine voglio ringraziare l’artista Helga Vockenhuber che con tanta semplicità e generosità si è concessa a conoscermi, il curatore Don Umberto Bordoni, il Direttore Carmelo A. Grasso e la gent.ma Sig,na Ildiko, senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile.